Il caffè è uno dei piaceri della vita. E come spesso accade per i piaceri, può fare molto male, per la caffeina che contiene.
La prima frase è assolutamente vera: la seconda è quanto meno opinabile.
Dovrebbe essere il contrario: la piacevolezza essendo un dato soggettivo, e la pericolosità della caffeina un dato scientifico, certo e indiscutibile. E invece, mentre tutti concordano sulla bontà del caffè, sulla tossicità della caffeina il dibattito è aperto.
La cosa è tutt'altro che inspiegabile. I risultati delle ricerche dipendono dal momento in cui si fanno, da chi le fa (ricercatori indipendenti o collegati alla aziende produttrici?), da chi le paga, e da chi le rende note.
D'altra parte, anche al giornalista scientifico più in buona fede può capitare di non controllare a fondo i dati su cui si basa una certa ricerca: o di non sapersi orientare tra i tanti studi, spesso in disaccordo tra loro.
Senza tacere il fatto che chi scrive (e specialmente il suo editore) è molto attento a chi legge. Un certo "scoopismo" fa notizia, e fa salire le vendite. Il giornalista è perciò non di rado più propenso a dare notizia di nuovi studi che confermano la negatività di una certa sostanza, piuttosto che rendere noti quelli (pure esistenti) che ne ridimensionano la dannosità.
Per tutti questi motivi, variamente combinati, le notizie buone sulla caffeina si alternano a quelle cattive. E la gente non sa che pesci pigliare.
Da questo punto di vista la caffeina è in buona compagnia. Prendiamo le uova: ma non prendiamone troppe, perché fanno salire il colesterolo. Si diceva così fino a qualche tempo fa. E si continua a dire. Nonostante sia stato provato che le uova di oggi contengono meno colesterolo di quelle di ieri (anche le galline mangiano meglio!), e che il loro consumo non fa salire la colesterolemia nell'uomo: tanto che sembra si possano mangiare senza problemi anche quattro uova alla settimana.
Oltre ai luoghi comuni negativi, ci sono i luoghi comuni positivi. Forse ancora più pericolosi. Uno di questi riguarda i grassi alfa-omega 3, contenuti nel pesce: è confermato che fanno aumentare i livelli di "colesterolo buono" nel sangue. Quest'aumento però non funziona come prevenzione contro i rischi di infarto e di ictus, come inizialmente si pensava: gli omega-3 fanno bene soltanto a chi ha una cardiopatia in atto. Il loro ruolo è stato insomma notevolmente ridimensionato. Il che non esclude che i media (a causa di nuove ricerche, o per fare uno scoop, o per tutelare interessi particolari) vengano in un prossimo futuro a dirci che ormai è certo: fanno benissimo (o malissimo).
Ma torniamo alla caffeina.
La caffeina è un alcaloide che si trova nelle foglie, nei semi e nei frutti di oltre 63 specie di piante: le più note sono quelle del caffè, del tè, del cacao, della cola, del guaranà e del mate.
Chimicamente, la caffeina è una xantina (la sua formula è 1,3,7 trimetil-xantina).
La caffeina è una sostanza psicoattiva, cioè uno stimolante del SNC (Sistema Nervoso Centrale): il caffè tiene svegli perchè la caffeina blocca l'adenosina, una sostanza prodotta dall'organismo che induce sonnolenza.
Per il suo (modesto) effetto vasocostrittore la caffeina provoca un lieve aumento della pressione arteriosa; può causare inoltre tachicardia, eccitabilità psichica e aumento della diuresi.
Poiché la caffeina è contenuta nel caffè, è importante sapere quanta ce n'è nel caffè che beviamo.
Ebbene, la risposta è contenuta in una sola parola: dipende.
Il contenuto di caffeina dipende infatti da tre elementi: il metodo di preparazione del caffè, la miscela utilizzata (l'Arabica ne contiene di meno, la Robusta di più), la quantità di caffè che si impiega.
Una tazzina di caffè fatto in casa (con la moka) contiene dai 35 ai 50 mg. di caffeina, Il bar è un luogo comune, e lo è pure il fatto che il caffè espresso, quello preso al banco, contenga molta caffeina: ne ha invece in media solo 60 mg., quindi poco più del caffè casalingo.
Secondo i cultori del caffè, lo zucchero priva il caffè del suo vero gusto. Hanno perfettamente ragione: però lo zucchero priva il caffè del 20% della sua caffeina, e questo è un vantaggio.
I furbi credono di proteggersi dall'eccessiva introduzione di caffeina nell'organismo bevendo caffè "lento", diluito, quello che si chiama anche caffè americano: quei beveroni che contengono più acqua che caffè. Errore: 100 ml. di caffè americano contengono dai 95 ai 125 mg. di caffeina. Così, oltre al gusto, ci rimettono pure la salute.
Tutte queste informazioni sono certamente interessanti, ma non rispondono alla domanda più importante, l'unica che stia veramente a cuore alla gente, aldilà dei milligrammi e delle formule chimiche: ma insomma, quanto fa male la caffeina, e quanta se ne può assumere per limitare i danni?
Che, al contrario, la caffeina possa far bene, la gente non se l'immagina neppure. E invece: sarà perché la ricerca ha fatto passi da gigante, o magari perché le notizie in controtendenza ("il caffè fa benissimo!") fanno più audience, da qualche tempo i media sono tutto un fiorire di dati favorevoli alla caffeina.
Secondo i ricercatori dell'Università americana di Scranton, il caffè contiene più antiossidanti della verdura e della frutta (che pure ne sono ricche), e quindi esplica un notevole effetto benefico sulle cellule.
E' una notizia che fa bene al cuore. Proprio come può fargli bene la caffeina: a patto però che chi lo beve possieda un gene capace di catabolizzarla (cioè di demolirla ) velocemente. Più la caffeina permane nell'organismo, più è infatti nociva per il cuore.
Un altro organo che sembra giovarsi della caffeina è il fegato.
Una ben documentata ricerca americana, basata su quasi 10.000 volontari, ha mostrato che coloro che bevono più di due tazze di caffè o di tè al giorno sviluppano cirrosi e tumori del fegato a un tasso pari a quasi la metà rispetto a coloro che ne assumono meno di una tazza al giorno.
La protezione però non si estende alle patologie epatiche di altra natura, ad esempio virale.
Sono stati i tedeschi i primi a scoprire che anche il tumore del colon viene tenuto lontano dal caffè. Specialmente dal caffè espresso, quello forte. Questo potere preventivo lo si deve ad un composto attivo detto metilpiridinio, che si cercherebbe invano nei grani della pianta del caffè: si forma infatti durante il processo di torrefazione a partire dal suo precursore chimico, la trigonellina. Questo composto antitumorale si trova anche nel caffè decaffeinato, e persino nel caffè istantaneo.
Questi risultati, assai promettenti sugli animali, sono ancora da verificare per quanto riguarda l'uomo. Restando all'efficacia del caffè sui tumori animali, pare che il trattamento locale con la caffeina possa aiutare a prevenire i tumori della pelle.
Gli scienziati non si sono fermati ai tumori. Un gruppo di ricercatori dell'Università di Harvard e del Brigham and Women's Hospital di Boston ha seguito 126.000 persone per più di dodici anni. I partecipanti dovevano periodicamente rispondere a dettagliati questionari che includevano domande sulle loro abitudini. Gli studiosi hanno scoperto che gli uomini che bevevano più di sei tazze di caffè con caffeina al giorno presentavano un rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 pari a quasi la metà di coloro che non consumavano caffè. Fra le donne, il rischio per le bevitrici regolari era invece inferiore del 30 per cento.
Gli effetti del decaffeinato erano più limitati: una riduzione del 25 per cento del rischio per gli uomini e del 15 per cento per le donne.
Il caffè ci difende, a quanto sembra, anche da una malattia terribile come il morbo di Parkinson. La nota patologia neurodegenerativa caratterizzata da tremori e da disturbi della deambulazione. Lo studio si è basato sui dati raccolti in 30 anni di follow up effettuato su più di 8000 uomini, abitanti nell'isola di Oahu nelle Hawaii. I soggetti sono stati seguiti nel corso degli anni monitorando il regime alimentare e le condizioni fisiche, con particolare riguardo all'insorgenza e allo sviluppo della malattia di Parkinson.
L'analisi effettuata ha evidenziato che i soggetti che non assumono caffè hanno un rischio 5 volte superiore di ammalarsi rispetto ai consumatori, e che l'incidenza della malattia è inversamente proporzionale al quantitativo assunto.
La caffeina agirebbe, secondo l'ipotesi avanzata dai ricercatori, aumentando i livelli di dopamina nelle aree cerebrali normalmente danneggiate in caso di Parkinson.
Sia ben chiaro: stiamo mettendo uno di seguito all'altro tutti gli aspetti positivi della caffeina. Quelli accertati, e quelli soltanto presunti. A riprova del fatto che basta saper scegliere, e poi tutte le tesi possono essere dimostrate.
Messa in questi termini, il caffè sembra essere il miglior amico dell'uomo. E anche della donna, dal momento che possiede due effetti enormemente interessanti per il pubblico femminile: l'effetto dimagrante, e l'effetto anticellulite.
Il caffè fa dimagrire perché la caffeina innalza il metabolismo basale. Peccato che sia necessario assumerne 400 mg al giorno.
L'azione anticellulitica del caffè si esplica per via topica, ed è solo un'azione coadiuvante: perché funzioni dev'essere associata a trattamenti estetici di tipo fisico (bendaggi, massaggi, ecc.).
"Cellulite" è un nome d'arte: all'anagrafe è registrata come panniculopatia edematofibrosclerotica. Si tratta di un'alterazione del pannicolo adiposo, conseguenza di una ridotta circolazione sanguigna e linfatica, e di un eccessivo ristagno di liquidi. La caffeina stimola il drenaggio e la rimozione dei liquidi stagnanti, ma soprattutto mobilizza gli acidi grassi nel tessuto adiposo (effetto lipolitico).
Dopo tante notizie positive sulla caffeina, arrivano le dolenti note. Note nel senso di conosciute. Non dobbiamo dimenticare infatti quello che sappiamo da tempo: l'abuso di caffeina provoca ipertensione, tachicardia, aumento della secrezione acida dello stomaco, e talora, rilassando il cardias, favorisce il reflusso gastro-esofageo.
Più recente è l'acquisizione che il caffè è particolarmente pericoloso per gli anziani, in quanto contribuisce a far diminuire la densità delle ossa, e porta quindi all'osteoporosi. I ricercatori hanno studiato varie donne divise in due classi, con alti e bassi consumi di caffè. Nelle donne, specialmente dopo la menopausa, un certo grado di osteoporosi è praticamente nella norma. E la caffeina pare in grado di aggravarla.
Le 96 donne studiate hanno in media 71 anni e non prendono nessun supplemento di calcio. Esse sono state divise in due categorie, a seconda che il consumo di caffeina fosse superiore o inferiore a 300 milligrammi al giorno. Nel corso dei tre anni dello studio è stata misurata la densità ossea della colonna vertebrale, del femore e anche di altre ossa. La ricerca di cui stiamo parlando ha mostrato però che anche una mutazione nel gene che codifica per un recettore per la vitamina D sembra essere implicata nell'osteoporosi, forse in modo più importante di quanto non faccia il caffè.
In conclusione: dopo tante parole, il lettore paziente ne sa certamente più di prima sugli effetti della caffeina, ma rischia di avere molti più dubbi di quanti ne avesse prima di cominciare a leggere quest'articolo.
D'altra parte, sembra che, per arrivare a qualche piccola certezza, è di grosse quantità di dubbi che sia necessario nutrirsi.